Scuola Rinnovata. Una Scuola all’Aperto agli inizi del Novecento

Scuola Rinnovata. Una Scuola all’Aperto agli inizi del Novecento

Milano, inizio del Novecento. Qui si colloca l’opera rivoluzionaria di Giuseppina Pizzigoni, maestra coeva di Maria Montessori, fondatrice della Scuola Rinnovata, ancora oggi operante alla luce della sua proposta pedagogica.

“Il metodo della Rinnovata vuole poche parole e molti fatti; vita attiva del bambino a contatto con molte cose, molti fatti e molte persone.
Le poche parole del maestro devono guidare lo scolaro alle buone impressioni, devono chiarire, correggere dove fosse necessario.
Ricordiamo che i fatti sono di chiarezza adamantina, se portati al ragazzo con gradazione, ordine e metodo.
Il metodo della Rinnovata mette al primo posto il dar forza al corpo e allo spirito dello scolaro attraverso la vita della scuola, che è costituita di ricca esperienza.”
– G. Pizzigoni, Le mie lezioni ai maestri d’Italia –

Sono anni di radicale evoluzione nella concezione filosofica e psicopedagogica dell’educazione; da un punto di vista normativo si iniziano a sancire dettami nuovi sul lavoro minorile, sul lavoro delle donne, sull’istituzione scuola.
Le condizioni igienico – sanitarie in tutta la penisola determinano fragilità soprattutto nella salute dei bambini, ed è la necessità di far fronte a malattie come la tubercolosi o l’asma che sostiene le iniziative di scuole all’aperto.
La Pizzigoni però fa un passo avanti e guarda al bambino nel suo essere persona, volendo restituire l’educazione al sua giusta essenza, quella di un viaggio verso la conoscenza basato sullo spontaneo nesso tra gioco, apprendimento e gioia.

Il compito della scuola è formare coscienze, in grado di assumere responsabilmente il proprio posto nel mondo, capace di spirito riflessivo, di attitudine alla creatività, al pensiero divergente e al porsi domande, nella convinzione che nella domanda risieda l’inizio del cambiamento.

Scuola come palestra di vita che allarga i suoi confini al quartiere, alla città, alla regione, alla nazione e oltre.

La scuola è il mondo dice la Pizzigoni.

Perché questo si realizzi, è suo compito offrire al bambino molteplici esperienze a contatto con la natura, emotivamente coinvolgenti, che alimentino tutta l’attività didattica per passare dall’osservazione di fatti concreti a concetti astratti. La guida attenta del maestro permette questo viaggio di scoperta per lo sviluppo globale della personalità, riconoscendo alla fatica della ricerca il prezioso ruolo di motore della conoscenza.

Indagare la realtà, interrogarsi e problematizzare per ricercare i principi generali delle verità particolari: dall’esperienza alla sistematizzazione concettuale, nel rispetto della modalità tipica di procedere della mente infantile.

Una scuola che parte dai sensi per giungere all’acquisizione delle idee; che opera per stimolare la capacità di creare reti tra i saperi consolidando nell’animo del bambino la consapevolezza che la conoscenza è frutto di un pensiero critico in grado di fare confronti.

Restituire all’educazione una tale globalità significa, nell’applicazione proposta dalla Pizzigoni, porre al centro tre elementi fondamentali: l’osservazione e la valorizzazione del bambino; l’ambiente, come stimolo all’apprendimento; la proposta di una adeguata pluralità di interventi educativi.

Al mondo delle parole si sostituisca il mondo dei fatti…
Conosci il tuo paese e l’amerai…
– G. Pizzigoni, Lezioni ai maestri d’Italia –

Oltre al lavoro sul campo questa pedagogista ha svolto un importante lavoro di divulgazione e formazione, pubblicando nel 1922 il volume “Linee fondamentali e Programmi della Scuola Rinnovata” e nel 1931 “Le mie lezioni ai maestri d’Italia”, opera che può essere definita il manifesto programmatico della sua proposta educativa.

Proporre oggi una scuola che si ispira alla Natura è possibile solo se si riconosce al presente il valore di essere un nuovo passo lungo la via dell’evoluzione della Pedagogia, è efficace solo se si conoscono e valorizzano le proposte didattiche di chi, come Giuseppina Pizzigoni, ha saputo pensare e agire una coraggiosa rivoluzione.

Nel tempo odierno, le Scuole all’Aperto trovano la loro ragion d’essere nella necessità urgente di restituire ai cuori e alle menti dei cittadini di domani un faro capace di orientare la rotta.

Ritornare ad un’essenza più autentica dell’esistenza, rivendicandone la complessità, contrastando i facili traguardi e i successi ottenuti senza sforzo e fatica, educando alla dedizione, all’umiltà e alla capacità di attendere che il seme dia frutto senza forzarne i ritmi.

Ispirarsi alla Natura per guidare l’espressione piena della singolare, irripetibile e inimitabile natura di ogni essere Persona.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Pizzigoni G., Linee fondamentali e Programmi della Scuola Elementare Rinnovata secondo il Metodo Sperimentale, G.B. Paravia, Milano, 1922
Pizzigoni G., Le mie lezioni ai Maestri delle Scuole Elementari d’Italia, Ufficio Propaganda della “Rinnovata”, Milano, 1931
Belloni A., Milano come era un tempo, Gorlich, Milano 1952
Bascapè G., Arte e storia dei giardini di Lombardia, Milano, 1962

Sul sito dell’ Opera Pizzigoni è disponibile molto materiale relativo al metodo, compresi molti scritti della pedagogista stessa.

Scuole Rurali. Radici delle Scuole all’Aperto

Scuole Rurali. Radici delle Scuole all’Aperto

Siamo nelle campagne dell’Agro Romano, cento anni fa circa, terra di palude e malaria, vita da braccianti e precarietà. Come ancora oggi accade, l’analfabetismo alimentava pregiudizi e diffidenza, condizione che può essere trasformata solo attraverso una coraggiosa azione educativa. Così, nel 1904, un gruppo di medici, educatori e artisti decidono di intervenire per promuovere riscatto sociale e umano in queste terre dimenticate.

Il medico Angelo Celli, sua moglie Anna Fraentzel, l’intellettuale Giovanni Cena, l’artista Duilio Cambellotti e l’educatore Alessandro Marcucci danno vita alle Scuole Rurali.

Ho praticato la campagna romana come artista e come gregario di una nobile opera di redenzione, capitanata da gente illustre per valore e pietà. Per questo ho potuto valutare la realtà nel bello, nel bene, ma anche nel male che era molto.[1]

Con queste parole Duilio Cambellotti ricorda la loro straordinaria esperienza, spinta da una profonda fede nell’autonomia e nell’indipendenza, dall’amore per la natura e per la scoperta di luoghi sconosciuti e solitari.

Del resto la loro azione non è isolata, sono anni di grande fermento pedagogico in tutta Europa; dominano i principi dell’estetica e dell’arte da mettere al servizio di un’azione di sensibilizzazione al bello, come strumento di elevazione spirituale. Coniugare l’osservazione della natura con la ricerca di spunti evocativi capaci di rafforzare la consapevolezza di sé, il riconoscimento dei propri diritti e la partecipazione alla vita civile. Restituire il bello a chi ne è escluso, per elevarlo al buono e al giusto.

I pionieri dell’Agro Romano partecipano nel 1911, come Comitato delle Scuole per i Contadini, all’esposizione allestita a Roma, sulla scia del primo Congresso Artistico Internazionale, dall’Associazione Nazionale per gli Studi Pedagogici, perché tutti conoscessero la rivoluzione in atto. Solo mostrandosi al mondo è possibile essere ri-conosciuti per rendere vero e condivisibile il proprio sogno.
Da quel momento il gruppo raccoglie consensi e aiuti economici che permettono di ampliare gli spazi della scuola e rafforzare gli interventi didattici. Viene introdotto il disegno, la decorazione della pagina scritta e del libro, la cura estetica dell’arredo e delle suppellettili didattiche. I figli dei contadini usano i pastelli, sconosciuti per molti anche nelle scuole di città, imparano a conoscere i colori, osservano, apprendono e riproducono le forme del mondo intorno a sé, avvalendosi di libri didattici stampati appositamente dai maestri.
È in atto un’opera di profonda trasformazione che guarda all’igiene dello spirito e del corpo, con insegnamenti artistici, l’esercizio dell’osservazione, la percezione della misura e dell’armonia delle cose.

Questo gruppo di temerari, che ha saputo guardare oltre la palude e il degrado, ha condotto una battaglia contro l’analfabetismo, i pregiudizi e la schiavitù che impedisce alle genti la propria elevazione interiore.

Grazie al loro coraggio questo viaggio continua ancora oggi, cento anni dopo, e le Scuole all’Aperto, illuminate dagli stessi valori di libertà ed emancipazione, continuano a tracciarne il sentiero.

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SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Alatri G., Duilio Cambellotti – un contributo artistico al processo educativo, in “I problemi della Pedagogia”, n. 4 – 5, 1991.
Alatri G., Una vita per educare, tra arte e socialità – Alessandro Marcucci (1876 – 1968), Unicopli, Milano, 2006.

NOTE
[1] Cambellotti D., Teatro Storia Arte, a cura di M. Quesada, Edizioni Novecento, Palermo, 1982, p. 36.

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