In questi giorni ho ripreso in mano un vecchio libro sulle figure fiabesche norvegesi illustrate da Theodor Kittelsen. L’immagine che più mi colpisce in questo libro, tra i vari troll e pixie, è quella di Re Valemon: un orso bianco con una giovane principessa che tiene tra le mani una ghirlanda d’oro.

Re Valemon è una fiaba di Peter Christen Asbjørnsen che ha tutti i connotati di una splendida storia di metamorfosi.[1]

Cosa racconta questa fiaba?

Una giovane principessa sognò di possedere una ghirlanda d’oro e, al suo risveglio, questa divenne il suo unico oggetto di desiderio. Il Re chiamò a corte tutti gli orafi del regno per farne forgiare una che potesse soddisfare la richiesta della figlia, ma nessuno riuscì nel compito.

Durante una passeggiata nel bosco, la principessa vide un orso bianco con una ghirlanda identica a quella sognata. L’animale promise di dargliela, chiedendole in cambio di andare a vivere nel suo castello. La giovane principessa, accettata la proposta, tornò dal padre che, non volendo separarsi da lei, la chiuse nel castello mettendo a protezione il suo esercito.

L’orso si recò al castello per prendere la principessa e si scontrò con le armate distruggendole. Il re provò a consegnare all’animale le altre due figlie, più brutte e cattive, ma l’orso infine riuscì a prendere con sé la bella principessa e condurla nel suo palazzo.

Qui, l’unico compito della giovane era quello di custodire un fuoco, che mai si sarebbe dovuto spegnere.

Durante il giorno l’orso non c’era mai e di notte, nel buio più totale, un giovane uomo entrava nella stanza da letto della principessa e giaceva con lei. Con il favore delle tenebre mai si riuscirono a vedere in volto. Passarono tre anni e la principessa diede alla luce tre figlie, una per ogni anno trascorso in quella dimora. Purtroppo non le vide mai poiché il giorno successivo alla nascita l’orso le prendeva e le portava via.

La principessa, con il cuore colmo di dolore e nostalgia della famiglia, chiese all’animale di farle rivedere i genitori. L’orso acconsentì ma le raccomandò di ascoltare i consigli del padre e non quelli della madre.

La principessa, raccontando del giovane che di notte entrava nella stanza, ascoltò il consiglio della madre che le suggerì di portare con sé un mozzicone di candela, così da illuminarlo e vederne il volto. La giovane, incantata dal fascino dell’amato, lasciò cadere sul suo viso una goccia di cera. Il giovane si risvegliò di colpo e svelò alla principessa il suo segreto. Una trollessa aveva lanciato su di lui un incantesimo: trasformato in orso, poteva tornare uomo solo di notte e se fosse stato scoperto avrebbe dovuto sposarla.

Riprese le sembianze di orso, Valemon fuggì nel bosco. La principessa lo seguì ma ne perse presto le tracce. Lungo il tragitto incontrò tre capanne, in ognuna delle quali abitava una bambina che le consegnò un oggetto magico. Giunta infine al castello della trollessa, grazie all’aiuto dei tre oggetti liberò Valemon e spezzò l’incantesimo. Insieme ripresero la via verso casa…

Ma durante il cammino, la carrozza fece tappa per tre volte, perché il re andò a prendere le tre ragazzine delle tre capanne che avevano aiutato la principessa durante il suo difficile viaggio, le quali altri non erano che le loro tre figliolette che lui aveva portato via alla madre alla nascita. E ora la principessa capì perché l’aveva fatto.[2]

Questa fiaba, ricca di contenuti, ci porta incontro l’importanza dell’amore. La principessa si addentra nel bosco, compiendo un atto di pura volontà che la porta incontro a Valemon, per salvarlo.

Ogni gesto d’amore è un atto magico che permette di vedere oltre le tenebre,  ha il potere di trasformare la realtà e di sciogliere qualsiasi incantesimo. Ciò può accadere solo se il cuore è mosso dal coraggio e guidato dalla fede.

CANTARE L’AMORE E’ ROBA DA POETI.
AGIRE L’AMORE E’ UN ATTO EROICO.

_______________________

NOTE:
[1] Da questa fiaba è stato tratto il film Il Regno d’inverno della regista Ola Solum
[2] Il frammento della fiaba è stato tratto dal sito Parole d’Autore. Traduzione dall’inglese di Valentina Vetere.

Privacy Policy