Quando si parla di educazione ci si avventura in un terreno fatto di complessità e di interrogativi perennemente aperti che richiedono un processo di riflessione sul significato profondo dell’educare e sul ruolo sociale che la scuola è chiamata ad assumere.

Una prima considerazione è che la scuola dovrebbe essere parte di una comunità educante formata da famiglia, enti del terzo settore, istituzioni, portatrice di un agire educativo diffuso, attento ai bisogni locale e al contesto di riferimento.

Partendo da questa riflessione, la scuola non può che farsi promotrice di un processo di apprendimento orientato alla dimensione del fuori, al contatto con la Natura e con l’Altro per non cadere in un isolamento autoreferenziale, poco edificante.

In questa declinazione dell’apprendimento ci sembra necessario soffermarsi sulle differenze esistenti tra il concetto di Outdoor Education e di Outdoor Learning, spesso confuse e sovrapposte.

L’espressione Outdoor Learning rimanda all‘insegnamento informale, come la partecipazione ad attività culturali, artistiche, laboratoriali, sportive, alle visite guidate presso musei o aree archeologiche. Tutte opportunità costruttive, pur se estemporanee, che hanno il valore di integrare la proposta di apprendimento rendendola permeabile alle iniziative culturali, artistiche e formative di qualità offerte dal tessuto sociale di appartenenza.

Il concetto di Outdoor Education richiede una riflessione più complessa. Tale espressione viene coniata per intendere tutti quegli interventi educativi mossi da un’intenzionalità pedagogica rivolta alla formazione integrale della persona.

Si tratta di assumere una prospettiva primariamente teorica sul significato, sulle finalità, sugli orientamenti del fare educazione. Lo “stare fuori” assume un valore in quanto parte del processo di formazione della personalità del bambino. Non solo una proposta di Learning by Doing, ma un percorso in cui esperienze declinate in contesti naturali, pedagogicamente pensate, si fanno elementi di un processo più complesso, ampio e profondo.

La scuola, soprattutto nella fascia della primaria, assume un ruolo di guida per le individualità ad essa affidate, che dalla sfera protettiva e rassicurante della famiglia muovono i primi prassi verso l’assunzione di una posizione autonoma nella società, come giovani e poi come futuri adulti.

Una fascia d’età in cui ogni maestro ha la responsabilità di sostenere e stimolare la scoperta di se stessi in termini di competenze operative, cognitive, affettive e relazionali.

Proseguendo insieme nella riflessione, allora, vivere l’esplorazione e la contemplazione della Natura rappresenta in questo processo un’occasione diretta di apprendimento. Come afferma J. H. Pestalozzi, pedagogista svizzero del XVIII secolo

“La Natura è maestra migliore dell’uomo”

Essa non necessita di parole, ma mostrando il mistero della vita, insegna ed educa. Questo non basta però, a lei deve affiancarsi l’azione del maestro che, come un giardiniere competente, ha il compito di intervenire per far sì che la pianta – bambino cresca rigogliosa.

All’esplorazione si aggiunga l’intervento educativo volto a nutrire l’interiorità partendo da un’attenta osservazione del bambino. Un intervento educativo che lo conduca allo svelamento dei propri vissuti emotivi per conoscere e riconoscere i sentimenti con cui agire nelle relazioni con gli altri.

Andando ancora oltre, l’assunzione cosciente di una propria posizione nel mondo, l’affermazione consapevole del proprio Io ha bisogno di una struttura interiore, data dalla conoscenza, da uno spirito critico capace di riflettere e ragionare su quanto “è già stato pensato da altri”.

Qui subentra l‘esercizio paziente e costante dello studio, l’incontro con lo sforzo e l’impegno lungo quel confine liminale tra il noto e l’ignoto che Vygotskji considerava alla base del processo stesso di apprendimento per spostare sempre più in là il confine del proprio sapere ed interiorizzare una tensione alla conoscenza che non sia solo un accumulo di informazioni superficiali, tipico delle fugaci mode da social network.

Una tensione alla messa in gioco di se stessi, alla scoperta, alla dedizione che guarda alla Natura come maestra solenne, mai ridotta a spazio da consumare per una fantomatica, effimera libertà di espressione.

In un tempo di velocità, di virtualità, di ricerca ad ogni costo dell’affermazione di sé scegliere di adottare la prospettiva dell’Outdoor Education significa porsi in un atteggiamento di umiltà, ascolto e osservazione di se stessi e degli altri in una propensione alla metamorfosi, all’evoluzione integrale.

Una Pedagogia della Natura che si faccia ispiratrice di una progettualità educativa consapevole e responsabile volta alla trasformazione del principio del piacere e del desiderio egoistico in un principio di amore, fatto di attenzione, tempo, rispetto, lentezza e gratitudine.

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